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Analisi archeoacustica preliminare di un tempio posto nell’antico sito di Sogmatar situato nel sud-est della Turchia

Paolo Debertolis *, Daniele Gullà **



* Dipartimento di Scienze Mediche - Università degli Studi di Trieste, Italia

** SB Research Group, Bologna, Italia

 

Articolo pubblicato sugli Atti del Congresso "Archaeacoustics II: Second International Multi-Disciplinary Conference and workshop on the Archaeology of Sound", Istanbul Technical University, Taşkışla Building, Istanbul, Turchia, 30-31 Ottobre e 1 Novembre 2015, pp. 137-148. Potete trovare la bozza dell'articolo originale in lingua inglese con foto a colori qui. Potete trovare l'articolo originale pubblicato sugli atti del congresso con foto in bianco-nero qui.

 


Riassunto – In questo lavoro scientifico vengono studiate le proprietà archeoacustiche e i fenomeni fisici presenti in un sito localizzato nel sud-est dell'Anatolia (Turchia) che viene descritto sin dai tempi antichi come un centro culturale e religioso. In un unico giorno ed usando il protocollo SBSA (Super Brain Standard for Archaeoacoustics ) è stato eseguito un esperimento di risonanza all’interno del tempio e contemporaneamente si è andati alla ricerca di fenomeni fisici locali mediante l’uso di una speciale tecnica nell’ambito della fotografia ad UV (ultravioletto). Tale studio preliminare ha identificato alcune interessanti peculiarità di questo sito che confermano una profonda conoscenza nei popoli antichi del fenomeno di risonanza su determinate frequenze sonore in grado di modificare l'attività cerebrale umana. Su una parete laterale del tempio abbiamo anche identificato un potente campo magnetico che appare essere per ora senza spiegazione.

Parole chiave - Archeoacustica, Sogmatar, ipogeo, alterato stato di coscienza.

 

 

Introduzione
L’archeoacustica è una metodologia complementare all’archeologia, che può portare una diversa valutazione e comprensione dei luoghi sacri, ad esempio nell’esplorare il rapporto tra a un determinato sito e l’attività cerebrale umana. Dopo un periodo di sei anni di ricerca in un certo numero di siti sacri in Europa, il nostro gruppo ha ipotizzato che la posizione sul territorio di tali siti sacri non è un atto casuale, ma determinato proprio dalle caratteristiche di quel luogo. Ossia proprio le fenomenologie presenti in quei luoghi ha permesso alle antiche popolazioni di sperimentare una sorta di esperienza mistica che le ha portate a sentirsi più vicine ai loro dei. Nella maggior parte di questi luoghi sacri abbiamo infatti scoperto particolari fenomeni fisici che influenzano l’attività cerebrale ed in particolare l’andamento delle onde cerebrali. È quindi importante non trascurare la componente emotiva dell’attività cerebrale umana in un luogo sacro, un punto di vista che il nostro gruppo di ricerca ha iniziato a studiare dal 2010 [2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12].
I "siti sacri" possono essere considerati quelle aree geografiche che un particolare gruppo sociale ritiene degne di rispetto e di venerazione, tipicamente luoghi di culto o utilizzati per altri scopi religiosi o rituali. Come tali, nei tempi antichi, essi potevano anche essere profanati o contaminati e per questo erano protetti in qualche modo. Gli antichi greci usavano il termine 'topos' per riferirsi alle caratteristiche fisiche e rilevabili di un sito, e la parola 'chora' per riferirsi a quelle qualità di un sito che avrebbero potuto evocare una presenza mitica [15]. Questo studio preliminare ha dato risultati brillanti per le possibili motivazioni per cui questo particolare sito in Turchia era considerato sacro sin dall'antichità.

 

 

Sogmatar
Questa ricerca ha avuto luogo in un tempio ipogeo situato a Sogmatar, posto in Turchia [16]. Le rovine di Sogmatar si trovano a circa 57 km dalla antica città di Harran nel sud-est dell'Anatolia. A Sogmatar esiste un tumulo inesplorato che si erge come una collina fino a 60 metri di altezza (Fig. 1). Su di esso si trovano i resti di mura e torrette risalenti al secondo secolo dopo Cristo, mentre all'interno del villaggio attuale vi sono i resti di vari templi [22].

 

 


Figura. 1 - Nella
foto posta al di sopra il tumulo è ripreso dalla collina sacra posta di fronte ad esso,nella foto al di sotto lo stesso tumulo ripreso dal punto di vista del villaggio di Sogmatar.

 


Sogmatar era un centro culturale del Settimismo, termine che deriva dal culto del dio Sin (divinità lunare, figlio primogenito di Enlil) ad Harran, e anche dal culto di Marillaha, signore degli dei. I resti più importanti sono quelli di un tempio a cielo aperto dove i sacri pianeti erano venerati e venivano anche eseguiti dei sacrifici in loro onore. In un altro tempio, la Caverna di Pognon, che era scavato nella roccia circostante, le pareti al suo interno sono ricoperte di scritture in caratteri siriaci e di rilievi raffiguranti figure umane che si ritiene rappresentino i sacri pianeti [14]. Questi rilievi non sono in buone condizioni, tuttavia la struttura originaria del tempio è ben conservata tale da divenire l'obiettivo principale di questa ricerca preliminare.

Sogmatar fu un importante centro di culto in cui gli abitanti di Harran adoravano la divintà lunare e gli dei planetari durante il regno di Abgar. Il tempio sotterraneo da noi esaminato apparteneva proprio al dio Sin, la divinità lunare, e si chiama "Caverna di Pognon". Attorno al villaggio si possono trovare altri sei mausolei a pianta quadrata e circolare ed è per questo motivo che Sogmatar è conosciuta come "La Città dei Sette Templi". Di fronte al tumulo (Fig. 1) e accanto al villaggio c’è una collina sacra.

In questa collina sono state scavate alcune tombe che oggi vengono utilizzate dagli abitanti locali come ovili (Fig. 2). Sulle pendici di questa collina vi sono i bassorilievi di alcuni di questi Dei (Fig. 3) e numerose iscrizioni incise sulla superficie della roccia [17] (Fig. 4).

 


Figura. 2 - Una tomba scavata nella collina sacra a Sogmatar.
La persona seduta sopra dà la proporzione di questo manufatto.


Figura. 3 - Alcune immagini degli dei a bassorilievo ricavate nella roccia della collina.

 

Figura. 4 - Iscrizione in lingua siriaca scolpita sulla collina sacra.

 


Le rovine di Sogmatar sono a 57 chilometri da Harran, una tra le più antiche e leggendarie città poste nel sud-ovest della Turchia, vicino al confine con la Siria. Harran era già un importante centro commerciale nel lontano terzo millennio avanti Cristo. Le celebri “tavolette di Ebla” che sono state rinvenute negli anni ‘70 presso il Palazzo Reale G dell'acropoli di Elba in Siria datano Sogmatar tra il 2.500 a 2.250 a.C. e contengono il primo riferimento alla città antica: vale a dire la valutazione del patrimonio di un sovrano di Harran a Sogmatar che sposò una principessa eblaita di nome Zugalum, che a sua volta divenne la "Regina di Harran "[18].

Harran rimase un avamposto mercantile ambito, grazie alla sua posizione strategica anche nel 1.900 a.C. secondo Ammiano Marcellino, storico romano del IV° secolo d.C., che descrive così la sua posizione strategica: "Da lì [Harran] due diverse strade reali portano alla Persia: quella a sinistra attraverso Adiabene sopra al corso del Tigri; quella a destra attraverso l'Assiria e attraverso l'Eufrate "[23].

Non solo Harran aveva facile accesso ad entrambi le strade assire e babilonesi, ma anche alle strade a nord dell'Eufrate che fornivano un facile accesso verso la Malatiyah e l’Asia Minore. Harran è rimasto un importante città per un lungo periodo di tempo, compreso tutto il periodo assiro, ittita, medio e neo-assiro, neo-babilonese, persiano, seleucide, romano, islamico, mandaico e il periodo dei crociati. Dire che resistente a lungo nella storia sarebbe un eufemismo, ma alla fine fu distrutta dall'invasione mongola [18].

Ad Harran, si fa riferimento tuttora al tempio di Sin, tuttavia la sua posizione esatta è difficile da individuare (Fig. 5). Diversi re assiri descrivono la sua ricostruzione e gli attuali scavi suggeriscono che si trovi nell’ambito di un grande edificio costituito con mattoni crudi posto vicino alle attuali rovine dell’università islamica e sarebbe datato alla fine del terzo millennio a.C. Questa è una possibile posizione del tempio leggendario, che sarebbe stato creato al tempo di Hammurabi (1.728-1.686 a.C.), il sesto re amorreo di Babilonia. Comunque, l'ultimo re di Babilonia, Nabonedo (556-539 a.C.) avrebbe ricostruito il tempio di Sin e sua madre lo avrebbe presieduto come sacerdotessa del tempio. I Cilindri di Nabonedo (quattro in totale), scritti in caratteri cuneiformi, riferiscono che il re riparò tre templi in Mesopotamia, tra cui il santuario della divinità lunare Sin (chiamato anche Ehulhul) ad Harran con la passione, la dedizione e lo zelo religioso di uno che ha capito l'importanza del dio Sin [18].

 




Figura. 5 - Una possibile ubicazione del tempio del dio Sin ad Haran.




Figura. 6 - Le rovine di Harran distrutte dall’invasione mongola.

 

Il Dio Sin

Il dio Sin era un dio sumero denominato 'Padre degli Dei' e 'Signore della Sapienza'. Sin era anche conosciuto come Nanna, dio lunare mesopotamico, ossia la divinità sumerica figlio degli dei Enlil e Ninlil. Il semitico dio lunare Su'en/Sin era una divinità a sé stante, ma fu fusa con Nanna dall'Impero Accadico (circa 2.334 a.C. - circa 2.154 a.C.) in poi [18 24,25,26,27]. Non a caso, il significato originale di Nanna è andato perduto. Tuttavia, ciò che sappiamo è che i luoghi principali di culto del dio lunare erano ad Ur nel sud della Mesopotamia ed ad Harran nel nord della stessa [18, 24,25,26,27].

Immagini risalenti intorno al 2.500 a.C. raffigurano il dio Sin da vecchio, spesso a cavallo di un toro alato. Il padre, Enil, era conosciuto come il Toro del Cielo e, quindi, il toro è diventato uno dei simboli di Sin. Molte immagini raffigurano Sin con una barba fluente di lapislazzuli (una pietra blu profondo, venerata nell'antichità e che sembra essere stato scambiata erroneamente nel Vecchio Testamento con lo zaffiro). Ma questi non sono stati gli unici simboli di Sin: egli è anche associato alla luna crescente e il treppiede, ovviamente, come figura pagana. Il santuario principale di Sin era la “Casa della Grande Luce” a Ur e fu qui che il potente titolo di sacerdote/ssa di En sembra essersi sviluppato, conferito sia ad un uomo oppure ad una donna, un ruolo che comportava un notevole potere politico [18,24,25, 26,27].

Il re Nabonedo si coinvolse personalmente nel restauro del tempio di Sin ad Harran, ma la sua devozione ebbe un prezzo. Il restauro fu infatti una decisione controversa che scioccò le autorità religiose, infatti per un re babilonese era previsto venerare il dio supremo Marduk e non Sin [16, 24, 25, 26, 27].



La tesi

Al Mas'udi, [897-952 d.C.] fu un antico storico arabo e geografo (n.d.r. inventore della Enciclopedia come noi la conosciamo oggi) è stato uno dei primi a combinare la storia e la geografia scientifica in un lavoro su larga scala dal titolo "I prati d'oro e le miniere di gemme". Egli ha scritto molto su Sogmatar nella capitolo: "Edifici sacri e monumenti dei Sabei ad Harran" (n.d.r. Gli attuali Yazidi di Siria, perseguitati dallo Stato Islamico, sono gli eredi storici dei Sabei). Al di là del mito, è interessante leggere questo suo testo: "Ai confini estremi della terra si trova un antico tempio, che è di forma rotondeggiante ed ha sette porte su ogni lato e un’alta cupola che ha anch’essa sette lati ed è famosa in tutto il paese per la sua straordinaria altezza e la ammirevole architettura. In cima alla cupola vi è una sorta pietra preziosa o di cristallo grande come la testa di un toro che squarcia le tenebre ad una grande distanza ... Molti grandi re del passato hanno cercato di entrare in possesso di questa pietra, ma senza successo: tutti coloro che hanno cercato di fare questo, sono caduti senza vita ad una distanza di 10 piedi da essa ... anche se si usano lance, frecce o altri espedienti simili, questi allo stesso modo si fermano e scendono a mezz'aria a 10 piedi di distanza... In questo periodo storico non vi è alcun modo per un uomo di entrare in possesso di questa pietra. Coloro che in modo audace o stupido hanno pensato che potevano demolire il tempio sono stati colpiti da morte istantanea. Alcuni saggi (n.d.r. del luogo) spiegano questo fenomeno come essere provocato da certe pietre magnetiche poste a distanza regolare tutto intorno al tempio "[20,21].

Quindi in questo testo l'autore parla della presenza di fenomeni fisici locali prima dell'invasione mongola che, come distrusse Harran, distrusse anche i templi e il villaggio di Sogmatar. Dopo questa descrizione eravamo curiosi di analizzare questa antica città per confermare questa assunzione di fenomeni magnetici in grado di influenzare l'attività cerebrale o impressionare fortemente la gente di quell'epoca.

Poiché la maggior parte dei templi sono totalmente distrutti, si è deciso di esplorare l'unico tempio che ha conservato l'aspetto originario e non è stato bruciato e distrutto come gli altri.

 

Materiali e metodi

L'attrezzatura utilizzata dal nostro gruppo per la registrazione del suono e il rumore era costituito da un registratore digitale di fascia alta esteso nel campo degli ultrasuoni come degli infrasuoni, con una frequenza massima di campionamento di 192KHz (Tascam DR-680). Il livello del volume di registrazione per una apparecchiatura come questa è una questione molto delicata. In luoghi tranquilli, viene utilizzato il massimo guadagno per la registrazione; in ambienti più rumorosi il guadagno del volume è determinato con lo standard 0,775V / 0 dB AES / EBU. I microfoni che sono stati utilizzati hanno un ampio range dinamico e una risposta piatta alle diverse frequenze (Sennheiser MKH 3020, risposta in frequenza di 10Hz – 50.000Hz). Questi sono stati connessi mediante cavi schermati (Mogami Gold Edition XLR) e connettori placcati oro [2,3,4,5, 6,8,9,10,11,12].

 

 


Figura. 7 - La risposta estremamente piatta di Sennheiser MKH 3020 microfoni con una maggiore sensibilità sia nelle basse frequenze e infrasuoni che nel campo ultrasuoni.

 


Per analizzare le varie tracce registrate sono stati utilizzati il programma Praat versione 4.2.1, open-source ideato all'Università di Toronto, e Audacity , programma open-source nella versione 2.0.2, entrambi nella versione per Windows.

Prima di iniziare le registrazioni abbiamo utilizzato un analizzatore di spettro, Spectran NF-3010 dalla fabbrica tedesca Aaronia AG, che è stato adoperato per verificare i fenomeni elettromagnetici presenti nel sito che potrebbero essere stati presenti nell'ambiente circostante determinando una potenziale inaffidabilità dei risultati.

Per rendere visibile la forma del campo magnetico eventualmente presente è stata utilizzata la fotografia UV e un programma vettoriale per PC (PIV - Particle Image Velocimetry). Questo sistema consisteva di una fotocamera digitale Canon EOS 1100D modificata [13], con il filtro anti-aliasing rimosso. La fotocamera utilizzata è stata modificata in fabbrica dalla Canon Italia (vedi nota in fondo all’articolo). Nella banda ultravioletta (UV) l'assorbimento di lenti di ottica normali (non con fluoruro di calcio e lenti a quarzo per uso forense) è molto forte, di solito un ottica normale non è in grado di consentire il passaggio della luce sotto i 320-350nm, ma è sufficiente per analizzare la banda UVA (400-315nm) dove è possibile percepire il movimento ed il comportamento delle polveri in sospensione nell’aria e il flusso delle molecole di vapore acqueo che si orientano come un dipolo nel campo magnetico [14].

Il software Particle Image Velocimetry (PIV) della danese Dantec Dynamics è stato il software utilizzato per analizzare questo movimento nel video in banda UV e nelle fotografie scattate dalla fotocamera. Il software PIV è usato nell'industria come tecnica di misurazione intuitiva per misurare in una varietà di flussi due o tre componenti con diversa velocità. L'applicazione del software PIV nella ricerca e nell'industria è molto diffusa, grazie alla sua semplicità d'uso e la raccolta di dati accurati. Facile e intuitivo il software PIV è utilizzato nella ricerca in modo interdisciplinare, vi va dall'ottica classica e i processi di imaging all’uso del laser applicato all’elettronica digitale dedicata. Il principio di funzionamento PIV è molto semplice: due scatti consecutivi (frames) illuminano una porzione o un’area di un campo di moto con particelle in sospensione nel flusso. La luce trasmessa dalle particelle è registrata in due immagini consecutive su una o più telecamere digitali. Le immagini sono suddivise in aree più piccole per calcolare lo spostamento della particella media tra due corrispondenti sotto zone. Lo spostamento della particella è calcolato utilizzando cross-correlazione o tecniche dei minimi quadrati corrispondenti. Poiché il tempo tra gli scatti è noto, la velocità delle particelle può essere determinata con sicurezza. Considerando l'ingrandimento della configurazione ottica, il campo di velocità assoluta può essere derivata. Le velocità calcolate da una coppia di immagini rappresentano un'istantanea del flusso visto dalle telecamere. I risultati ottenuti con il software PIV visivamente sono una rappresentazione accurata del flusso che si presenta al ricercatore e agli spettatori in una maniera facile da capire perché visuale. La presentazione visuale è coadiuvata da un software avanzato di post-processing. La Dantec Dynamics è inoltre il fornitore leader di sistemi di misurazione laser e sensori ottici per la caratterizzazione del flusso di fluidi e la valutazione dei materiali.

 

(Nota. Ogni nuova telecamera può essere modificato in questo modo, però le fotocamere digitali Nikon, Sony e Olympus possono essere modificate solo da un tecnico privato, invalidando automaticamente la garanzia della società e perdendo le caratteristiche per uso scientifico).

 

 

Risultati

Abbiamo scoperto una interessante risonanza nella nicchia posta al centro della camera principale (vedi Fig. 8) utilizzando un canto armonico con voce maschile.